Pietraroja nacque come centro dei Sanniti Pentri, che abitavano la zona appenninica centro-meridionale compresa fra le Mainarde e il Matese, e posero la loro capitale a Bojano. L’abitato attuale non coincide con il villaggio sannita, in quanto il paese è attualmente alla sua quarta edificazione, posteriore al terremoto del 5 giugno 1688. Certamente gli abitanti del villaggio furono coinvolti nelle Guerre sannitiche, nonché in quelle sociali contro Roma, subendo il genocidio dei Pentri perpetrato da Lucio Cornelio Silla. La dominazione romana e la latinizzazione del Sannio hanno fatto sì che nella parlata locale si perdesse ogni traccia della lingua osca parlata in precedenza dai Sanniti.
Dopo quella romana, Pietraroja subì le varie dominazioni del Sannio (longobardi, normanni, svevi, angioini, aragonesi, spagnoli). Dopo il dominio longobardo nel gastaldato di Telese, facendo parte, dal XII secolo al XIV secolo, del sotto-feudo dei Sanframondo, potente casata di origine normanna. Il capostipite di questa, Raone di San Flaymundo (XI-XII secolo), ottenne dal re normanno Ruggero II di Sicilia, nella sua conquista dell’Italia meridionale, i possedimenti dei vassalli del conte Rainulfo III di Alife, suo cognato, che aveva tentato di resistergli insieme ai baroni meridionali. Il riferimento al conte Raone si trova ancora nelle vecchie canzoni di Pietraroja per indicare persone superbe.
I possedimenti suddetti comprendevano, fra l’altro, i territori di Pietraroja, Cerreto Sannita, Cusano Mutri, Guardia Sanframondi, Limatola, San Lorenzo Maggiore, Massa, Faicchio, Ponte nonché Dugenta in Terra di Lavoro e Bojano e San Giuliano del Sannio in Molise. I Sanframondo li mantennero anche sotto i re svevi e angioini. Pietro Sanframondo detenne il titolo di barone di Pietraroja.
Nel XV secolo (periodo aragonese) Pietraroja passò ai Marzano: nel 1401 era posseduta da Goffredo di Marzano, conte di Alife. Nella seconda metà dello stesso secolo il re Ferrante d’Aragona conferì questo titolo, con il possesso di Pietraroscia (l’attuale Pietraroja), Chiusano (ora Cusano Mutri) ed altri comuni ad Onorato Gaetani. Successivamente Pietraroja passò ai Carafa, i cui possedimenti si estendevano anche in Molise; essi la tennero fino all’abolizione della feudalità promulgata nel 1806 da Giuseppe Bonaparte all’instaurazione del regno francese a Napoli.
Dopo l’annessione del Regno di Napoli a quello d’Italia, il paese è stato un centro di reazione borbonica. Con Guardiaregia, Sepino, Campobasso, Cusano Mutri fu una delle sedi del brigantaggio sul massiccio del Matese. Di Pietraroja viene ricordato soprattutto Gabriele Varrone, capo della banda omonima, noto per le incursioni (1861) a Civitella Licinio, frazione di Cusano Mutri, e alla stessa Pietraroja contro i posti della guardia nazionale. La base dei briganti era l’imprendibile grotta dei Briganti o delle Fate, a cui si poteva accedere solo calandosi con funi. Nel dicembre 1863 la guardia nazionale pose l’assedio ai briganti rifugiati nella grotta suddetta e li convinse ad uscire facendo salva la vita in cambio. La promessa non fu mantenuta ed essi furono fucilati nella località Aria della Corte (Aria corta), situata dietro l’edificio comunale.
Nel periodo unitario Pietraroja ha visto una forte emigrazione, specie negli Stati Uniti. Dopo la seconda guerra mondiale il flusso si è spostato prevalentemente nel nord e nel centro Italia e in Europa (Svizzera, Germania e Inghilterra). L’apertura di una cava di pietra in località Canale, peraltro chiusa successivamente, di una cava di argilla in località Saure, non più estratta per la qualità scadente, e di una di marmo colorato in localita Pesco Rosito, aperta ma mai entrata in funzione, non è servita a ridurre tali flussi.
Luoghi di interesse
La Chiesa di Santa Maria Assunta
Il monumento più importante è la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta in piazza San Nicola, situata nella parte alta del paese. È stata eretta con elementi della precedente Chiesa di San Paolo della Pietraroja distrutta dal terremoto del 1688. Notevoli sono il portale romanico (XI secolo) sorretto ai due lati da una leonessa e un’orsa allattante due infanti e gli altorilievi.
Il Parco Geopaleontologico e “Ciro”
A Pietraroja si trova un importante parco geopaleontologico con relativo museo, il Paleolab, in cui si possono vedere reperti fossili di notevole importanza. Particolarmente importante è stato il rinvenimento di Ciro un cucciolo di dinosauro, il primo in Italia, che conserva anche alcuni organi interni: la sua specie è stata denominata Scipionyx samniticus. Il ritrovamento di Ciro ha rivoluzionato la ricostruzione della paleogeografia dell’Italia, precedentemente ritenuta interamente sommersa durante l’era Mesozoica. Tra gli altri resti fossili rinvenuti a Pietraroja, da ricordare quelli di numerosi pesci (tra cui Belonostomus), rettili (Chometokadmon, Derasmosaurus) e anfibi (Celtedens).
Belvedere
La terrazza addossata al caratteristico cimitero, situato dove sorgeva Pietraroja prima del terremoto del 1688, permette di ammirare un incantevole panorama a 360 gradi sul territorio: i monti Mutria e Moschiaturo, la vallata di Cusano Mutri, la montagna di Solopaca e finanche il Vesuvio nei giorni più limpidi. Sono ancora visibili resti di costruzioni del vecchio paese distrutto dal terremoto.
Un’altra interessante escursione per le vedute spettacolari è la circuitazione dei bordi della tavola calcarea della Civita. Partendo dal quartiere Castello, si può visitare anche la bocca del profondo inghiottitoio carsico chiamato il Trabbucco.
Sulla strada per Sepino
Interessante è la visita alla impressionante forra (in località Rave) a monte della fontana Stritto (situata nel territorio di Cusano Mutri) scavata per milioni di anni dal Titerno; in essa si trova l’inaccessibile grotta dei Briganti o grotta delle Fate. Il punto di osservazione si può raggiungere facilmente dalla strada comunale asfaltata nella località Canale, appena fuori Pietraroja in direzione di Sepino, dove bisogna girare sulla sinistra e proseguire verso la località Ariòla, sotto il massiccio roccioso su cui si trova la Civita.
Valico di Santa Crocella
Da non mancare è il valico di Santa Crocella, sella montana con paesaggio di stupende faggete, tra il monte Tre Confini (1.419 m s.l.m.), vicino alle Palummàre (Palombaio, porzione orientale del Monte Mutria) e il monte Moschiaturo. Il passo segna il confine tra i Comuni di Pietraroja e Sepino, nonché tra Campania e Molise. Sulla stessa strada, circa 1 km prima di arrivare al passo di Santa Crocella, si può visitare, girando sulla sinistra, la località Pesco Rosito (Péscu Rusìnu) da cui si estraeva la pietra rossa che ha dato il nome al paese. Da qui si può anche effettuare la scalata alla cima delle Palummàre o andare nel bosco della Torta, confinante con Campitello di Guardiaregia (CB).
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